Bianchi: stimo Galimberti, ma lui è statalista, io liberale e autonomista

Quando il 10 Ottobre i varesini sono andati alle urne per scegliere il sindaco, del candidato di centrodestra, Matteo Bianchi, dovrebbero aere avuto almeno una certezza: quella di una persona che vive “per” e non “di” politica.

Per avere rinunciato al seggio parlamentare e accettato di correre per la molto meno retribuita poltrona di primo cittadino, è già stata fatta girare la voce di «chissà quali promesse o garanzie, in caso di sconfitta, deve avergli fatto Matteo Salvini».

Che la sua scelta possa essere stata dettata da un convinto attaccamento al proprio territorio non è stata presa in considerazione, ma potrebbe essere invece la più plausibile, anche se inattesa per alcuni.

Di fatto la campagna elettorale è già partita da tempo e si avvertono i primi rimbombi della gran cassa suonata dai sostenitori del sindaco uscente. Così, un’altra voce insistita, è quella che i varesini, “noblesse oblige”, non sceglieranno mai come loro primo cittadino un varesotto.

Giusto per capire di chi stiamo parlando cominciamo a ricordare che da più di un secolo la famiglia paterna di Matteo Bianchi vive a Morazzone (che dista 6,8 Km. da Capolago), dove egli stesso è cresciuto e s’è formato.

«Alla politica mi sono avvicinato a vent’anni», confida Bianchi, «per tentare di affermare gli ideali in cui credevo e credo: valori della famiglia, libertà d’educazione, autonomia legata al principio di sussidiarietà, rispetto della religione, cattolica nel mio caso, perché è questa che determina anche la cultura e la moralità di una società».

Così, dopo anni d’esperienze associative (oratorio e pro loco), poco più che diciottenne e con in tasca il diploma di geometra diventa, prima consigliere comunale, poi, nel 2009, sindaco, con il 52 per cento di voti, che saliranno al 77 per cento, nel 2014, quando si ripresenterà per la seconda volta.

Nel 2018 sarà nuovamente premiato dagli elettori del collegio uninominale Lombardia 2-03 di Gallarate, i quali lo eleggeranno alla Camera dei deputati come loro rappresentante.

«Da oltre vent’anni mi occupo della cosa pubblica perché ho una famiglia alle spalle», spiega l’Onorevole.

«Il giorno in cui dovessi uscire dal mondo della politica non avrei problemi a tornare a lavorare in una delle aziende di famiglia, nel settore immobiliare, attualmente portate avanti, con non pochi sacrifici, da mio fratello».

C’è una pacatezza di fondo nel modo di esprimersi e nelle argomentazioni di Bianchi, che dice: «Ammiro tutti coloro che si fanno carico delle responsabilità di gestire la cosa pubblica, a prescindere dalla loro collocazione politica.

Stimo come persona il sindaco Davide Galimberti, che non è un nemico, ma un avversario dal quale mi divide una concezione della vita e della società. Le delibere della sua Amministrazione sono state improntate ad una visione statalista, tipica del partito in cui milita, il Pd.

Anche se lo ha fatto con molta discrezione, di fatto, però, ha spinto le famiglie varesine a scegliere per i propri figli le scuole medie superiori statali penalizzando quelle paritarie.

Per gli asili l’atteggiamento è stato diverso perché il Comune non sarebbe stato in grado di assicurare alle famiglie un servizio per i loro bambini senza aprire convenzioni con istituti paritari.

Personalmente credo invece che alle famiglie debba essere data la facoltà di scegliere tra le diverse offerte che il mondo della scuola offre.

Galimberti ed io veniamo da storie politiche diverse, lui vede nel pubblico e nello Stato la risposta alle attese dei cittadini, io vengo da una cultura liberale, conservatrice, autonomista, cattolica che vuole garantire ai cittadini la gamma più ampia di scelte».

Per meglio esplicitare il suo pensiero, Bianchi cita la sua esperienza di sindaco quando collaborava con la Parrocchia e precisa: «Vede, se un Comune, per i tanti lacci e laccioli di cui spesso è gravato non riesce a fornire appieno un servizio, come potrebbe essere, per esempio, l’assistenza ai minori durante il periodo estivo, è bene che si appoggi, senza inutili sotterfugi, ad altri soggetti che possono surrogarlo e, nell’esempio citato, ad una Parrocchia.

Questo non significa rinunciare alla laicità di una pubblica istituzione, bensì garantire al cittadino un utile servizio».

C’è un altro aspetto che Bianchi tiene a sottolineare: «Andiamo verso una nuova fase in cui anche la competenza diventerà fondamentale per chi si propone di gestire la cosa pubblica.

È un elemento di cui dovremo tutti tenere conto». Tradotto in altre parole: le liste che si formeranno dovranno necessariamente aprirsi alla cosiddetta società civile; dovranno cioè presentare candidati in grado non solo di portare voti, ma anche, in caso di elezione, di dare contributi significativi per migliorare l’Amministrazione.

Sul programma che Bianchi ha intenzione di predisporre e presentare in campagna elettorale avremo modo di ragionare più in là. Per ora ci lasciamo con l’impegno di riprendere il colloquio a tempo debito.

Didascalia: l’on. Matteo Bianchi (credit foto: Uff. Stampa M. Bianchi)

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One Thought to “Bianchi: stimo Galimberti, ma lui è statalista, io liberale e autonomista”

  1. […] Matteo Bianchi è candidato sindaco di Varese per il centrodestra. Per due legislature è stato il primo cittadino di Morazzone, comune di 4.300 abitanti ad un tiro di schioppo da piazza del Podestà, cuore della città giardino. Siamo andati a vedere che cosa ne pensano i cittadini che per dieci anni sono stati governati da chi oggi si propone di reggere un’Amministrazione con un numero di abitanti di quasi venti volte maggiore. […]

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